1997 : La Liseuse et la Lyre

Parigi, Les Belles Lettres, 192 pagine.

In questo saggio intimo, Françoise ritorna alla sua passione per le parole. Non guardando il proprio ombelico, come dice giustamente René de Ceccatty in una critica letteraria sul Monde del 1997, ma per ricordarci il detto di Danièlle Sallenave: “Il libro non sostituisce nulla, ma nulla sostituisce il libro”.

La Liseuse et la Lyre è un magnifico saggio in cui Françoise, ancora una volta, tocca l’universale. Ma con un tono distaccato e quasi sereno che non siamo abituati a ritrovare in lei, cosa che ci ricorda quanto fosse ampia la sua tavolozza stilistica. (Vincent)

L’analogia tra questa passione troppo astratta e l’incanto della droga ha ispirato un autore del periodo tra le due guerre a denunciare questa sensazione con il titolo: “Questo vizio impunito, la lettura”. E in che modo poteva dare questo avvertimento? Con uno scritto.

1986 : Une femme nommée Castor – Mon amie Simone de Beauvoir

Parigi, Encre, 366 pagine.

Sconvolta dalla scomparsa di Simone de Beauvoir nel 1986, Françoise ha voluto, in questo libro, presentarci colei il cui testo Il secondo sesso l’aveva tanto segnata. L’amicizia che le univa, l’opera letteraria di de Beauvoir e il suo rapporto intimo con Sartre, così come i pochi disaccordi teorici che le due autrici hanno avuto sono affrontati con delicatezza. (Alain)

Da L’Indicateur du réseau, parte ancora inedita:

Fu durante il periodo turbolento dei vari movimenti di “pace in Algeria” (…) che entrai, per la prima volta, in Simone de Beauvoir. Conosco e frequento dal 1947 l’autrice di Il secondo sesso, ma l’ho persa di vista abbastanza a lungo; lei racconterà delle nostre riunioni in La Force de l’âge.

1962 : Les Plus Belles Lettres de Flaubert

Parigi, Calmann-Lévy, 1962, 158 pagine.

Françoise ha visto in Flaubert il primo degli scrittori borghesi (con tempo e denaro) ad aver introdotto quello che considera il valore principale della sua classe in letteratura: il tempo è denaro (time is money).

Pur non dimenticando la sua misoginia e le pagine atroci che scrisse contro la sconfitta della Comune di Parigi, gli riconosce il merito di aver dedicato il suo tempo a cercare di staccarsi dal pensiero mediocre del suo tempo e della sua classe (se ci sia riuscito o meno è un’altra storia, n.d.r.), e lo distingue dai suoi contemporanei per il suo rifiuto epidermico del mondo (a differenza di Sand, Balzac, Stendhal…).

Françoise, flaubertiana? Certamente no. Ma ne riconosce i meriti letterari e lo considera un interessante caso da manuale. (Vincent)